Sembrerà strano a chi è a digiuno di politologia ma quello dell’Opposizione in senso generale è un tema poco trattato dalla scienza politica. Lo conferma quel libro del lontano ‘95 a cura di Gianfranco Pasquino (L’opposizione, Pasquino, Laterza editore) che tentò di porre una base per uno studio astratto e universale del concetto di opposizione senza lasciarsi divorare dalle passioni dell’attualità. L’obiettivo è letteralmente capire “che cos’è l’opposizione”.
Il perché di questa carenza di letteratura sul tema dell’opposizione interroga anche lo studioso Pasquino, nel sospetto che sia prevalsa “L’attenzione dei politologi, e in qualche modo la fascinazione per chi il potere ce l’ha e non per chi lo cerca”.
Senz’altro un grande aiuto bibliografico lo fornisce come c’è da aspettarsi la colonna portante di tutti i manuali. Robert Dahl, al quale con uno spirito affine di conceptual analysis ma con più vigore moralistico preme in primo luogo distinguere l’opposizione dalle “contestazioni”. Laddove l’uso del plurale tradisce un’inevitabile rimando alla storia cogente del ‘68. In questo senso quindi l’opposizione è organizzazione.
Nelle letture classiche del pensiero giuridico Locke ed altri affrontano il diritto alla resistenza che si innesca quando il potere ha una tendenza alla tirannia. A “calpestare” le aspettative legittime nel contratto sociale. Ma secoli dopo, qual è il lavoro di un’opposizione politica? Sicuramente un’opposizione attenta è un doveroso contrappeso alla tendenza naturale che ha il potere ad espandersi, rischiando di ingessare la prassi democratica.
Come lavora l’opposizione in una democrazia?
L’opposizione formula un’alternativa di governo o preferisce obiettivi di conservazione? “altri obiettivi [rispetto] a quello di diventare essa stessa governo. Questi altri obiettivi possono essere: il mantenimento della purezza ideologica; la preservazione dell’identità politica; la conservazione della coesione organizzativa” (Pasquino, 1995). Vive di rendita consociativa o di antagonismo?
In questa sede, invece di distinzioni concettuali già operate in maniera mirabile dalle fonti citate, dobbiamo dire secondo noi quale opposizione sia necessaria in un sistema democratico pur piccolo come quello di un comune sotto i 15.000 abitanti.
Quale opposizione è necessaria?
Anzitutto il fine dell’opposizione deve essere lo stesso che ci ha animati nel presentarci alle elezioni. Ovvero la convinzione di avere delle soluzioni per migliorare la vita della propria comunità e la missione di metterle in atto insieme. Anche all’opposizione si deve tenere ben presente questa visione. Un fine subordinato a quest’ultimo è quello di avere il maggior numero di strumenti offerti dalla legge per poter realizzare il programma, quindi governare. Anche all’opposizione si può preparare una seria e credibile alternativa.
La via per un’opposizione giusta è prendere sul serio il mandato elettorale. Ciò avendo cura nelle istituzioni di eseguire tre compiti: controllare, proporre, negoziare.
Anche al di fuori delle istituzioni ci sono tre doveri che spettano alle opposizioni: ascoltare, verificare e comunicare. Fra le strade del paese ascoltare le persone, i problemi, le aspettative. Verificare l’avanzamento dei progetti che la maggioranza ha implementato. Comunicare i progressi, quello che andrebbe migliorato. Informare, ragionare insieme sulle proposte. Questa è l’opposizione che Si Può intende operare.
A che cosa serve fare opposizione in un comune?
Il sistema super-maggioritario preparatorio che i comuni adottano da anni è conseguenza di una vincente propaganda della disintermediazione e della “governabilità”. Ciò ha causato una crisi delle opposizioni all’interno dei comuni, specie di quelli più piccoli. L’impoverimento delle risorse porta a chiedersi che senso abbia fare opposizione in un’assemblea dove non si ha alcun potere se non quello di testimonianza.
Per rispondere a questo interrogativo la sincerità è d’obbligo. La fatica di fare opposizione nella limitatezza delle risorse e degli strumenti istituzionali è enorme. Le materie dell’amministratore pubblico sono complesse e diversificate, c’è da studiare ogni giorno, si è in pochi e si fatica persino ad accedere agli atti. Solo un “malato di retorica” può prendere alla leggera questo aspetto o nasconderlo.
Ci sono poche àncore che possono salvare i consiglieri d’opposizione e in generale i gruppi di opposizione. Il microfono di un consigliere comunale può servire a portare all’attenzione di chi governa, ma anche dei cittadini, problemi che non tutti riescono a vedere, storie e voci anche anonime che rivendicano perlomeno il diritto all’ascolto. Semmai questo può esercitare pressione, sollecitare un intervento da parte della maggioranza di turno. La seconda àncora, forse più importante, è la preparazione. Prepararsi vuol dire costringere chi governa alla disciplina, alla solerzia nell’affrontare i problemi e ad instaurare un dialogo costruttivo, di riconoscimento reciproco. Prepararsi vuol dire puntare sulle idee che fanno la differenza e lasciar giudicare ai cittadini.